Casale Cosentino e Castelluccio

 

 tratto da   il Postiglione  giugno 1996 - anno VIII - numero 9

Giuseppe Barra

 

L'importante lavoro di ricerca di Giuseppe Barra, pubblicato a giugno del 1996 sul periodico "il Postiglione", è qui riportato integralmente, salvo alcune modifiche apportate per motivi di formattazione e limitando le note e le citazioni

Attilio Piegari

 

 

L'attività del popolo della vallata del Tanagro fu ai primordi prevalentemente quella pastorizia, poi, quella agricola. L'intera Valle, specie sul versante degli Alburni, era un sol bosco, ciò anche dalla denominazione della vicina Galdo *, ora frazione di Sicignano degli Alburni.  * Galdo deriva dal longobardo wald (bosco); variante di Galdo è Gaudo

Per quanto riguarda Cosentini, esso è sorto con l'arrivo di gente da Cosenza e dintorni i cui abitanti italo-greci si sarebbero, con la diaspora, rifugiati nel luogo prima del Mille.

La presenza di greci in Cosentino è testimoniata dall'edificazione di due chiese dedicate a San Nicola, che risultano già distrutte nel 1252, delle quali ne parleremo in un capitolo a parte.

Nel marzo 1045 il principe Gisulfo II concede all'Arcivescovo di Salerno Amato III (1031-1046 e per esso alla Chiesa Salernitana, i casali di Cosentino (Cosentinorum), Dulicaria (Dolicarii), Licignano (Luciniani), San Vittore (Sancti Victoris), Scalcinati (Scalcinatis), Persano (Persemi), il castello di Olevano (Olibani) ed altri.

Da questo atto deduciamo che il casale Cosentino era stato edificato certamente molto prima del marzo 1042 ed in tale data il feudatario di questo luogo era l’Arcivescovo protempore di Salerno.

Abati e Vescovi, con vasti possedimenti terrieri, diventano anch'essi signori feudali e si inseriscono nella gerarchia del sistema attraverso privilegi di investiture e di immunità, ottenuti da re o da imperatori. La differenza tra un feudatario laico e uno ecclesiastico consisteva nel solo fatto che quest'ultimo non compariva di persona dinanzi alla giustizia, ma si faceva rappresentare da un vicedomino. * La chiesa, pur inserita nel sistema feudale, esercitò comunque una funzione civilizzatrice e mitigatrice degli aspetti più rozzi e più violenti dell'età feudale attraverso le tregue di Dio, le paci di Dio, con le quali, vietando le guerre in determinati giorni e periodi dell’anno, cercò di attenuare i danni causati dalle lotte private tra feudatari e feudatari, che turbarono la vita e gli averi delle popolazioni, forse come ai tempi delle invasioni barbariche.

Nell'agosto 1042, Gisulfo II riconferma, per mano del notaio Giovanni, allo stesso Arcivescovo il possesso di quanto concesso nel marzo del 1042.

Nell'ottobre 1080, il Duca Roberto Guiscardo (gennaio 1077 - 7 luglio 1085), per intercessione della moglie Sichelgaita, concede all'Arcivescovo Alfano (1058-1085) gli stessi beni che furono concessi ad Amato III e, tra questi, il casale Cosentino.

Nel luglio 1097, Gioele, figlio di Raynolfo Brittonis, signore di Sant'Agata, donò per l'anima sua, alla chiesa di San Pietro Apostolo di Auletta 43 terreni presso Auletta e Castelluccio. Questi beni erano, però, nella giurisdizione Arcivescovile Salerno, come sarà dimostrato in avanti.

Quindi, la località denominata Castelluzzo, ossia Castelluccio, già esisteva nel luglio 1097. Pertanto, Cosentini era la borgata con Università autonoma e Castelluzzo era il luogo dove era costruito il piccolo castello fortificato che serviva a difesa la zona, e, perciò, in seguito, questo luogo fu detto Castelluccio dei Cosentini. Ancora oggi, nella struttura urbanistica, si possono vedere due accessi alla fortificazione.

Il casale Cosentino - o più esattamente "Cosentini" - è, come già visto, documentato fin dal 1042, dove è detto "Casalis Cosentinorum”; volgarmente fu detto anche “li cosantini", poi italianizzato in Cosentini.

Il nome Cosentino è dovuto ai cittadini calabresi di Cosenza, che, intorno al MiIle, avevano risalito la penisola, come già detto innanzi.

Il toponimo Castelluzzo, diminutivo di Castellum, dal significato di piccolo borgo fortificato * o piccolo castello militare, è già esistente nel 1097 e sarà presente fino al secolo XVII, quando lo si trova esplicitamente detto, nel 1629, "Castelluccio Cosentino".

Così anche nel 1671 e tra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento.

Nel 1712 è detto ”Castellucij Cosentini' e nel 1715-16 si riporta anche la denominazione di "Castelluccio de' Cosentini" e "Castellutii Cosentinorum”.* Secondo il Rev. C. Cassaneti nel 1800 era detto "Castelluccio dei Cosentini" e solo nel 1900 fu ufficializzato "Castelluccio Cosentino".  A. Capasso asserisce che "Castelluccio" (senza l'aggettivo Cosentino) si denomina senza l'aggettivo almeno fino al 1811 e, indifferentemente, unito all'aggettivo ancora nel 1929.

 

Si fa presente che, in provincia di Salerno, sono esistiti ed esistono ancora alcuni centri abitati denominati "Cosentini/o" e "Castelluccio/a".

E’ denominata Cosentino, una frazione del comune di Montecorice che dista dalla sede comunale km 4,800. Un toponimo uguale è in Laureana nel Cilento. Altra località, detta Cosentini, è in comune di Castelcivita, anticamente faceva parte dell’Università di Aquara.

Di Castelluccio, invece, ve ne sono alcuni: uno era nel Cilento, ora scomparso e documentato fin dal 1050 presso Montanari; altro è Castelluccia che anticamente faceva parte dell'Università di Eboli, ora del comune di Battipaglia. Vi è, poi, l’attuale Castelcivita.

Nel giugno 1098, viene inserito e confermato, depositandolo sull'altare di San Matteo, in presenza dell'Arcivescovo di Salerno, Alfano II (1085-1121), di Giovanni Piper e di Urso de Chiranna col Clero e popolo, un privilegio del mese di maggio 1098, col quale il conte Roberto, figlio di Guglielmo e Gilia sua moglie, donavano alla Chiesa Salernitana la terra di Rivo Petroso e la chiesa di San Giorgio presso il casale Cosentino con tutte le sue pertinenze e con tutti gli uomini censiles, loro figli e possedimenti.

 

Il casale Cosentino è confermato all'Arcivescovo Nicola d'Aiello (1182-1221) il 18 gennaio 1207 dal Pontefice Innocenzo III. L'atto enumera il possesso di tutti i beni, il primato sui vescovadi, le abazie, le chiese, gli arcipresbiterati, che sono alle dipendenze di esso Arcivescovo, e i possedimenti feudali.

Nel febbraio 1221, Federico II (1198-13 gennaio 1250), accogliendo la preghiera del Vescovo di Pavia, dichiara di prendere sotto la sua protezione la Chiesa Salernitana e conferma ad essa tutti i casali e privilegi, tra cui anche Cosentino.

Nel 1230, il casale Cosentino doveva provvedere insieme ai casali Vignali di Sicignano, Massa di Petina, San Mauro di Buccino con le terre di Buccino, Petina e San Gregorio, agli eventuali restauri del castello di Sicignano.

Il provvedimento preso non piacque né agli uomini di Cosentino, né all'Arcivescovo di Salerno, che a quel tempo era Cesario de Alagno (1225-1263). L'Arcivescovo nel maggio 1252 pubblicò il privilegio dell'ottobre 1080 con transunto fatto dal notaio Giacomo Dandano in presenza dei vescovi Benvenuto di Capaccio, Giovanni di Policastro, Giovanni di Marsico, Luca di Nusco, Giovanni di Sarno e Nicola di Acerno.

Così, per questo provvedimento, sorse una lite tra gli uomini di Cosentino e il feudatario di Sicignano e questa fu messa a ruolo ad Acquara il 21 maggio 1252. Il Sindaco di Cosentino, Nicola Cito, provò che il casale "Cosentinorum" era stato donato dal Principe Gisulfo alla Chesa Salernitana e a quella donazione altre se ne aggiunsero. Si dimostrò che mai gli abitanti "cosentinesi" erano stati alle dipendenze dei Signori di Sicignano; si aggiunse che erano sati sempre liberi e franchi da ogni vincolo, servitù e prestazioni e non come gli uomini di Sicignano e sue casali ma solo fedeli alla chiesa di Salerno e per essa all'Arcivescovo di quella città.

Il Sindaco di Cosentino e il rappresentante della Curia Arcivescovile di Salerno, Tregisio da Laurino, con il rappresentante di Sicignano, Riccardo Rocca e Raynaldo de Guasto, regio giustiziere di Principato, l'8 luglio seguente si incontrarono a Sala (Consilina) per chiarire alcuni punti. Successivamente si riunirono il 15 luglio in Salerno e indi a Eboli per definire il tutto. Si stabilì il possesso feudale della Chiesa Salernitana sul casale Cosentino e i confini del casale. Quindi gli abitanti furono definitivamente assegnati e dipendenti esclusivamente dall'Arcivescovo di Salerno, senza che il "Governo del Regno" avesse avuto nessun diritto su di essi.

I confini del casale sono i seguenti: da una parte è il "Rivus Petrosus" (Rio Petroso) e si discende dal vallone "de Gualdo" (del Galdo) e scendendo per detto vallone verso occidente "usque subtus ecclesiam Sancti Nicolai de Passicale" che è nel territorio di Cosentino e scendendo verso settentrione "per vallicellum iuxta ecclesia Sancti Nicolai predicta et deinde vadit integre per decollatam et acquam pendentem" fino al fiume "Nigrum" (Negro, l'attuale Tanagro) e, seguendo il fiume Negro verso oriente fino alla grotta dove si dice "de Bucculerio" per quondam Ecclesia Sancti Nicolai diruta que est ibi et ascendit ad sem [...] et vadit per scalicellam" e il castello "de Comite", detto di Crepacore, e quindi all'acqua de lacero e de spina.

La certezza che anche Castelluccio, e non solo Cosentino, fosse della giurisdizione vescovile di Salerno ci è data da una Bolla Pontificia del maggio 1255 data in Napoli: "Alessandro IV conferma allo Arcivescovo e alla Chiesa di Salerno tutti i diritti, privilegi e possedimenti conferiti dai suoi predecessori e dagli imperatori, re e principi; in particolare i seguenti: 36 once di oro in Salerno, le decime reali di Castelluccio ... sottoscrivono Alessandro Pp e 7 cardinali".

Nel 1272 Carlo I d'Angiò (1266-1285) concede al suo primogenito Carlo II il Principato di Salerno. Nell’atto relativo, oltre ai vari privilegi, sono elencate le terre che da detto Principato dipendevano ed anche i nomi dei corrispondenti baroni che ne erano i feudatari; troviamo che è Signore di Castelluccio Ruggiero Selvatico: "[...] Baroncs autem sunt hii, videlicet: Archiepiscopus Salcrnitanus pro terra quarti tenet, Archiepiscopus Surrentinus, Abbas Cavensis, Comes Camerarius pro pheudo Cancellarie in Nuceria Christianorum, Comes Rogerius de Sancto Severino pro baronia ipsa Sancii Severini, Jacobus de Brussone prò terra quam habet in dicta terra Nuceria et pro parte Trentenarie, Rogerius de Pretrafixa et Salvia, Pandulfus de Fasanella pro parte Contursii, nec non pro Pistellione Serritella Cuntrone Silvanigra et Castclluccio, Henricus de Taurasia pro parte Contursii, Andreas de Logotheta pro parte similiter quam habet in eadem terra, Conradus de Trentenaria pro parte Trenteraria, Raynaldus de Poncellis pro castro Burgentie, Rogerius Selvaticus pro Castelluccio.

Sotto il regno di Carlo II (1285-1309), nel luglio 1286, l'Arcivescovo Filippo Capuano (1286-1298) richiese il transunto del privilegio di Gisulfo II. Questo fu redatto in Napoli avanti a Gerardo, Vescovo di Sabina, Legato Apostolico e Baiulo del Regno di Sicilia. Altro transunto, quello di Federico II, fu richiesto dallo stesso Arcivescovo il 25 novembre 1287 e dove è riportato sempre che il casale Cosentino fa parte della Chiesa Salernitana.

Questo atto fu presentato, nel dicembre dello stesso anno, dall'Arcivescovo di Salerno al Conte di Artois e al Legato Apostolico, che reggevano allora lo Stato per il re Carlo II d'Angiò, prigioniero, perché lo facessero trascrivere e lo munissero del loro sigillo.

Il primo marzo 1296 gli abitanti di Cosentino, per ordine di Carlo II, sono tenuti ad inviare gli aiuti in viveri a base di frumento, vino, orzo, e altro, ai soldati di Tommaso Sanseverino nelle frontiere di nemici. Tali beni furono recapitati ad Altavilla. Parteciparono a tale iniziativa le terre di Caposele, Teora, Malinventre, Santomenna, Valva, Calabritto, Quaglietta, Castelnuovo, Campagna, Buccino, Santa Marina, San Gregorio, San Zaccaria, Rutigliano, Romagnano, Salvitelle, Caggiano, Vietri, Auletta, "La precossa", Massa, "La precina", "Licontanum", Vignali, Palomonte, Contursi, Eboli, Olevano, Montoro, Giffoni, San Mango, Faiano. Naturalmente compare nell'elenco anche Cosentino.

Nonostante la totale indipendenza che i "cosentinesi" avevano da secoli, i sicignanesi continuavano a molestare gli abitanti di Cosentino e, in particolare, gli abitanti del territorio di San Giorgio. Ciò si evince da un atto pubblico del 5 gennaio 1300, nel quale si ordina al giustiziere del Principato di fare un’inchiesta sulle molestie che gli abitanti di Sicignano, vassalli di Egidio de Felloso, arrecavano agli abitanti del territorio di San Giorgio appartenente al casale di Cosentino della Chiesa Salernitana.

A questo punto i documenti tacciono per uno spazio di 112 anni, sia per Cosentino, che è un casale abitato, che per Castelluzzo, che è solo una rocca con pochi militari che vi stanziano.

In Cosentino, secondo quanto riportato nelle "Rationes Decimarum Italiae”, relative agli anni 1308-1310, vi era una chiesa intitolata a San Matteo e vale once 1 e tarì 10. Questa chiesa paga tarì 4.

Nel territorio di Cosentino, come nelle zone vicine non vi è mai stata una chiesa dedicata a San Matteo, eccetto in Sicignano che a quell'epoca, tra le altre, vale once 10. L'unica chiesa che in Cosentini esisteva con certezza, in quel periodo, era la chiesa di San Giorgio.

L'Arcivescovo Bartolomeo de Aprano (1400-1414), il 24 ottobre 1412, pubblica e rende noto il privilegio di Gisulfo II e ricorda tutti i feudi che la chiesa di Salerno possiede. Il transunto fu redatto dal notaio Matteo d'Aulisio di Salerno.

Dopo il 1412 non troviamo più Cosentino tra i possedimenti feudali della Chiesa Salernitana. Il casale fu concesso dall'Arcivescovo, tra il 1412 e il 1426, a Giorgio la Magna, conte di Buccino. A tale riguardo non è stato rinvenuto, almeno fino ora, alcun documento.

Il 31 marzo 1428, la regina Giovanna II incarica i giudici Nicola Pagano di Ricigliano e Ammiano Irsone della polla per definire i confini tra i feudi del Conte di Buccino, Giorgio la Magna, e del Conte di Conza, Sansonetto Gesualdo. Nell'atto si legge che il conte di Buccino possedeva "Pulcinum (Buccino), Lavianum (Laviano), Castrum de Grandis (Castelgrande), Reponem (Rapone), Sanctam Sophyam (Santa Sofia), Platanum (Platano), et casale Cosintinorum (Cosentini)"; Sansonetto Gesualdo, invece, "Auletam (Auletta), Palum (Palomonte), Caputsilaris (Caposele), Caletrum (Calitri), Marayanum (Baraggiano)". Si ordina anche di determinare i confini tra tutti questi feudi.

La prima costruzione, di cui si ha notizia, è del 1444. Il Visconti attesta che il portone della sua abitazione reca quella del 1444, scolpita sul portale ed aggiunge che la sua casa non è certamente la più antica del paese. * Giuseppe Barra aggiunge in nota: "Abbiamo constatato che il palazzo Visconti esiste realmente ma sull'attuale portale non vi è alcuna data".

Nel Quattrocento, Castelluccio era in via di sviluppo, vi era qualche casa intorno al piccolo castello, che faceva da presidio militare a difesa della zona, e forse anche una cappella. Cosentino, invece, era ancora fiorente. Non vi era, però, in esso un notaio; questi venivano raramente da altri luoghi a rogare.

Di atti notarili che parlano di Cosentino ne esistono ben pochi.

Il 26 maggio 1447, per la salvezza delle anime dei suoi parenti e della sua, Giacomo Coccio del casale Cosentino, riservandosi l'usufrutto dona al convento di Sant'Antonio di Buccino dell'Ordine degli Eremiti di Sant'Agostino, una terra nel luogo detto "lo Piano delli Spindichi" nella fiumara del Tanagro confinante con i beni della Curia del detto casale di Cosentino. Nell'atto è detto: "[...] casalis Cosentinorum in loco ubi dicitur lo plano de li Spindichi in fiumara fluminis Nigri [...].

Invece, il 4 settembre 1459, il notaio Michele de Falco di Buccino rogò in Cosentino un atto di donazione da parte di Stefano Massario a favore dello stesso convento di Sant'Antonio di Buccino. Da questo documento veniamo a conoscenza del giudice e di alcuni "cosentinesi", i quali compaiono come testi: Stefano Massario del casale Cosentino, riservandosi l'usufrutto vita naturai durante, dona al Convento degli Eremiti di Sant'Agostino di Buccino una casa coperta nella parrocchia di San Nicola di Buccino e un giardino con olive nella stessa terra. Presenti: Antonio Passano del casale di Cosentini giudice annuale "idiota" (= privato) del predetto casale. Testi: Antonio de Grippo dei Cosentini, Coccio dei Cosentini, Gubello di Guglielmotto dei Cosentini, Giovanni Tasuito dei Cosentini.

Il re Ferdinando d'Aragona concesse le terre di Buccino, Castelluccio Cosentino e Sant'Agata al Signor Petraccone Caracciolo, figlio del signor Conte di Brienza con il titolo di Conte di Buccino, datoli, per dote alla signora Isabella Argalon, figlia primogenita di Paschasio, guardarobba del re, e castellano del Castello Nuovo di Napoli. Il testo è del 1681, quando già da molti anni la denominazione "Cosentino" era stata sostituita da "Castelluccio Cosentino".

Nel 1526 il villaggio Cosentino è ancora esistente ed abitato. Vi passò il frate Leandro Alberti che nella descrizione dell’Italia annotava:  "[...] Cominciando dal fiume (Sele) e camminando verso l’oriente, si entra in una molto pericolosa selva detta Boschi di Eboli per la vicinità che ella ha con Eboli, benché Eboli sia al di là dell'anzidetto fiume (...) Seguitando poi il cammino a man destra della via, per la quale si passa verso la Calabria, scorgonsi sopra i colli Sera Castello (Serre) da Salerno 22 miglia distante et per altre due miglia lungo il Monte Apenino, Pistigliono dopo sei miglia Casteluczo (...) sono etiandio in questo spatio del detto fiume Sele infino all'Auletta sopra i colli et monti Cosentino, Castel S. Angelo, dall'Auletta discosto otto miglia [...]". * Il Rev. C. Cassaneti scrive che Castelluccio è stato fondato nel 1503 ai primordi della dominazione spagnola.

E' proprio in questo arco di tempo che gli abitanti di Cosentino iniziarono ad abbandonare il proprio casale per trasferirsi a Castelluzzo, che fu denominato Castelluccio de' Cosentini. Si precisa che il trasferimento non fu in massa ma progressivamente, come vedremo nel corso degli avvenimenti.

Il trasferimento avvenne per motivi di sicurezza, visto che essi inizialmente erano vassalli della chiesa, quindi protetti; poi, passarono nelle mani di feudatari non ecclesiastici e più soggetti a rappresaglie e guerriglie. In questo periodo Cosentino apparteneva ai Caracciolo ma, comunque, faceva parte dell'Arcidiocesi di Salerno ed il feudatario pagava le "decime" all'Arcivescovo Metropolita di Salerno.

Nicola de Guglyor fu Comandante del presidio di Castelluccio dal 1532 al 1553 e proprio questo personaggio diede un enorme "contributo" per lo sviluppo di Castelluccio; fece costruire alcune abitazioni per sé e per il suo seguito, eresse la chiesa di Santa Maria dei Martiri ed ampliò il presidio militare.* Cosentino, indi Castelluccio Cosentino, è Università autonoma, con certezza, dal 1252 quando vi era già un sindaco; questa terra non si è mai trovata aggregata ad altra, ciò anche nella numerazione dei fuochi, che non è mai aggregata a nessuna Università. Nella relazione della terra di Sicignano del 1697 vi si riporta esplicitamente che Castelluccio è terra autonoma (CoSIMATO), così anche nei protocolli notarili che si conservano nell'Archivio di Stato di Salerno dove è detto: "[...] terra dell'Università di Castelluccio Cosentino.

SCORZA dice che è stata Università autonoma fino al 1729, quando il 13 settembre Galdo fu separata da Sicignano e divenne Università a sé, incorporando ad essa anche Castelluccio Cosentino. Ma subito dopo gli abitanti di Castelluccio si ribellarono e furono ancora una volta autonomi. Su questa affermazione,  lo SCORZA non riporta alcuna citazione.

Noi [Giuseppe BARRA, ndr], consultando gli atti notarili di Sicignano del 1729 e anni seguenti non abbiamo mai trovato che Castelluccio fosse stata aggregata a Galdo ma sempre con un proprio Sindaco.

Il 1 maggio 1816, in base alla legge n. 560, Castelluccio fu riunito a Galdo. Il 13 dicembre 1928, con decreto regio n. 3170, venne soppresso il comune di Galdo, il quale insieme a Castelluccio passò a Sicignano che prese il nome di “Sicignano degli Alburni (Gazzetta Ufficiale del 24 gennaio 1929, n. 20)

Ormai in Castelluccio Cosentino vi si era trasferita anche la sede decurionale e contava alla fine del Cinquecento 79 fuochi.* Ogni fuoco era composto in media da 5,53 perone; quindi gli abitanti erano circa 436.  Nel 1629 conta 87 fuochi, gli abitanti sono più o meno 481. Dopo la peste del 1656 i fuochi numerati in Castelluccio sono 30 e gli abitanti, seu anime, sono 166 e nel 1670 ne numerano solo 15; vale a dire che vi erano più o meno 83 abitanti tra cui circa 27 abitavano ancora in Cosen­tino. Si ha, poi, consecutivamente un incremento. Nel 1691 vi sono 240 anime; nel 1697, 226, di cui 136 di comunione; nel 1700, 248; nel 1702, 273; nel 1703, 272; nel 1704 e 1705, 292; nel 1707, 344; nel 1708, 320; nel 1709, 331; nel 1710, 334; nel 1712, 353; nel 1713, 307, di cui 254 di comunione; nel 1714, 378; nel 1717, 409; nel 1720, 488; nel 1723, 332, di cui 230 di comunione; nel 1726, 483, di cui 314 di comunione; nel 1737 e 1738 sono numerati 107 fuochi, nel 1798, 526 e nel 1840, 678.

Gli abitanti di Castelluccio Cosentino nel 1855 e 1856 sono rispettivamente 713 e 730. Invece, il 27 luglio 1911 si contano 480 anime, nel 1942 gli abitanti sono 500 e oggi (1995) circa 300.

 

Il 20 settembre 1615 Augustino Mantenga della città di Campagna, fa una richiesta alla Mensa Arcivescovile di Salerno, per affittarsi le quinte decentrate dalla Università e particolari della terra di Castelluccio Cosentino e nel 1626 anche Angelus de Laurentio della terrà di Castelluccio Cosentino fa la stessa richiesta.

Con ordine del 21 maggio 1652, l'Università di Castelluccio Cosentino dovette provvedere alla difesa dei Procacci, che transitavano per la strada di essa terra. L'ordine fu emanato per le terre di "Montecorvino, Evoli, Campagna, Serre, Postiglione, Sicignano, Petina, Castelluccio Cosentino, Auletta, Selvetelle, Vietri di Potenza, Salvia, Polla, Atena, Sala, Montesano, Saponara e Casale Nuovo"; l'atto è in questi termini: "[...] l'infrascritte Università guardino li loro territorij in quelle giornate che doverà ciascun Procaccio passar per essi territoij (...) con il quale ordinamo et comandamo alli magnifici Sindaci, Eletti, Administratori et altri (...) debbiano deputare venti persone abili, ben armate et munite alla guardia de detti Regij Procacci (...) in modo che non habbia a succedere più inconveniente nesciuno (...) custodendo e commorando detti Procacci per tutto il territorio della loro Università, ne lasciarli se prima non se ne saranno incontrati coll'altre genti delle altre Università et luoco vicino (...) succedendo si rubasse alcun altro Procaccio, tutto il danno et quanto si rubbarà l'haverà a pagare li contromenzionati de quelle Università in territorio della quale succederà tal delitto [...]".

Il 15 giugno 1697, fu fatto l'apprezzo della terra di Sicignano e da esso possiamo trarre i confini dell'Università di Castelluccio: "Principia a confine il territorio della terra di Sicignano e casali dalla Strada Regia che viene da Calabria, e proprio dalli confini dell'Auletta e Petina, e calando per il fiume Negro a basso si giunge sin' al Ponte di detta Terra da donde passa la strada che viene da Basilicata, e passando detto fiume a dirittura ad alto si giunge al limite distante da detto Ponte da mezzo miglio in circa, e dalla parte soprana confina col territorio di Santo Onofrio monastero di Montevergine della terra della Petina, e da detto luogo gira ad un vallone che divide fra il territorio della terra di Boccino e da detto luogo si scende al fiume Negro e passando dalla parte di basso di detto vallone, per qualche spatio di camino si giunge al fiume Negro, dal quale passando avanti si giunge ad un'isca, quale confina con la terra del Castelluccio. E salendo per un monte ad alto per dirittura d'un limite esce alla Strada Regia, che da Napoli va alla Basilicata, e lascia a destra il territorio che fu delli Tassonii et arriva ad una valle che è dalla parte di sopra a detta strada, dove si chiama la ripa dell’armo, e confina dalla parte di ponente con il territorio di Castelluccio, e da detto luogo tirando per dirittura sopra si giunge nel luogo chiamato dello Ferluso, territorio di questa terra di Sicignano e da detto luogo gira verso ponente e va a dirittura per il luogo chiamato Serrone Curcio e corrispondente all'aria di Carlo e tira a dirittura ad altro vallone chiamato lo Pertuso. E descendendo per detto vallone verso tramontana va ad un altro vallone che scende dal Gaudo e salendo per detto vallone dalla parte sinistra è territorio di Sicignano e dalla parte destra è territorio dello Castelluccio e salendo più avanti per detto vallone a dirittura per insino la Taverna dell'Ulmo lascia il detto vallone. E voltando per un vallone piccolo ad alto si giunge alla Fontana della Gregoria della terra dello Castelluccio, e salendo a dirittura per la detta Fontana si giunge nel luogo detto la Zellata sino a vista del fiume Negro e voltando per una serra a dirittura di detta veduta di fiume va sopra il luogo chiamato Valle Cupa che è territorio dello Castelluccio, e corrisponde a dirittura caminando a facce di detta serra descende per sotto il Genestrito e cala al pontone d'una ripa dove si chiama il Mattone, e da questo luogo passando a dirittura il fiume si giunge ad un vallone chiamato delle Canne [...].

E' solo sul principio del 1700 che Cosentino venne quasi totalmente abbandonato, trasferendosi quasi tutti in Castelluccio, eccetto qualche agricoltore che restò sul posto.*  Il Rev. C. Cassaneti scrive: "nei primi anni del 1500, in seguito ad una scorreria del brigante Barbarossa (notizia tramandata nella tradizione orale) viene abbandonato il casale Cosentino, i cui abitanti si rifugiano sul cocuzzolo dove oggi sorge Castelluccio Cosentino.

Consecutivamente di Cosentino come centro abitato non se ne ha più notizia. Attualmente si intravedono ancora i ruderi di alcune case e i resti della chiesa di San Giorgio.

Erano frequenti i matrimoni dei "castelluccesi" con i galdesi e sicignanesi. Il 10 febbraio 1721 fu redatto in Castelluccio Cosentino dal notaio Luciano d'Apice di Sicignano un Capitolo Matrimoniale: Domenico Cavallo e Margherita Cobuccio di Castelluccio Cosentino, genitori di Violante, promettono di darla in moglie a Giuseppe Fiore, anch'esso di Castelluccio Cosentino, secondo il rito della Santa Roma­na Chiesa Cattolica e Apostolica e gli danno in dote una casa in Sicignano "in tre membri, sottano, mezzano e soprano nel luogo detto le Perelle", un "matarazzo di capizzi", un "manto", cinque "panni secondo l'uso del Galdo", una "rama di ferro", una "catena di ferro", una "sartagine", una "cascia di castagna usata", una "botte da tener vino di some 5", "una zapparella", "una luce usata" e una "buffetta usata di castagno". Paolo Grasso promette la fattura di 10 carlini, Nicola Faciello promette una cassa di castagno, Gerardo Cicciotoma promette una "boffetta con tiraturi", Francesco Cobucci promette un "portello" di carlini 5, Francesco d'Angelo carlini 5, Matteo d'Angelo carlini 5, Giuseppe Peluso la rata dell'orto nel luogo detto San Nicola, Marco Cavallo promette la porzione dell'orto a San Nicola, Gennaro Cavallo carlini 4.

In data 23 luglio 1722 si trova un atto in cui il duca di Martina, feudatario di Castelluccio, paga alla Mensa Arcivescovile ducati 24 per il censo e ducati 500 per l'affranco sulla terra di Castelluccio Cosentino: "Possiede la Mensa Arcivescovile di Salerno, sopra il fondo detto Castelluccio Cosentino sito nelle pertinenze di questa provincia, circa 50 miglia distante da Salerno, quale si possiede dall’Eccellentissimo duca di Martina Caracciolo un annuo censo di ducati 24 e che sono dell'immobili pagati dalli Ministri di quella, ora intendendo detto Duca ricombrarsi tal debito, ha offerto pagare il capitale di ducati 500, quale la detta Mensa vorrebbe impiegare nella fabbrica di un altro mulino nella terra d'Olevano, donde quello antecedente che si possiede non è sufficiente alla macina."

Nel 1412 la Chiesa Salernitana, e per essa, l'Arcivescovo, ne era il feudatario. Troviamo, poi, questo casale passato ai La Magna, indi per dote ai Caracciolo e confermato agli stessi da Ferdinando d'Aragona.

Da Petraccone, deceduto il 25-12-1576, tutti i beni, e quindi anche Castelluccio Cosentino, passarono al figlio Ferrante, e da questi, morto il 13-4-1583, a Carlo. Degli ultimi di tale famiglia si ricorda Francesco Maria Caracciolo, che morì il 25 ottobre 1752 e gli successe il figlio Petraccone; da questi, deceduto il 27-5-1771, il feudo di Castelluccio passò a Francesco, che morì il 2-12-1794 e, quindi, al figlio Placido, nato il 15-5-1785 e morto l’8-4-1815.

 

Con l'arrivo dei francesi, con decreto del 4 maggio 1811 di Gioacchino Murat, si formarono i distretti; Castelluccio Cosentino andò a far parte del distretto di Campagna ed insieme a Ricigliano, San Gregorio Magno e Romagnano compose il Circondario di Buccino. Il primo maggio 1816, quando fu unito a Galdo, insieme ai comuni di Postiglione, Controne, Serre, Sicignano e Petina, andò a far parte del Circondario di Postiglione.

Fino al 1840, in Galdo e Castelluccio si usavano misure diverse da quasi tutti comuni del Distretto.

Un moggio era composto di 900 passi quadrati e ogni passo era di palmi 7 e mezzo. Il moggio equivaleva ad ettari 0,35195 e il passo equivaleva a metri 1,97752.

Nei comuni di Ricigliano, Serre, Felitto e Galdo, uno staio di olio era composto da 20 rotoli, pari a kg 17,81994 che equivale oggi a hl 0,19185. Galdo, come a Campagna, Eboli, Oliveto, Palomonte, Santomenna, Altavilla, Sicignano, Bellosguardo, Ottati e Sant'Angelo a Fasanella, la misura di capacità di un barile, composto da 50 caraffe, equivale oggi a hl 0,44645 e una caraffa di un rotolo a litri 0,8929.

Erano uniformate come tutti i comuni del Distretto il peso della lana, il peso della calce in pietra, i pesi da farmacisti, i pesi da gioielliere, i pesi da orefice e gli altri tipi di pesi in genere, come le misure di capacità degli aridi e quelle dei volumi.

A Castelluccio Cosentino furono vivi i moti del 1848. In quel territorio, infatti, operava una banda armata allo scopo di incitare i sudditi del regno ad armarsi e sovvertire l'ordine costitutivo. Tra maggio e luglio, Paolo Visconti, che aveva 44 anni, fece discorsi sediziosi contro il re e fu accusato poi di lesa maestà come anche Pietro Basile di 40 anni. Non erano i soli, vi erano molti cospiratori; si organiz­zarono e vi fu, il 14 luglio, un furto di ducati 63 ai danni dell'esattore fondiario e un furto di quattro "schioppi" ai danni della Guardia Nazionale che stanziava in Castelluccio. Facevano parte della banda, oltre ai già detti, anche Luigi Cavallo, Vincenzo Greco, il farmacista Nicola Cafaro di anni 30, Raffaele Cirelli, Felice Corrieri e Raffaele Pepe.

In quei giorni, dal Cilento, insorsero i ribelli ed occuparono Castelluccio ed unendosi crearono molta confusione. Da un processo sappiamo allorquando i Cilentani invasero Castelluccio: [...] mannaggia l'anima de' Cilentani che non vi uccisero, mannaggia la repubblica che non vuole tornare a venire [...].

L'anno dopo, Paolo Visconti e Pietro Basile furono condannati dalla Gran Corte Criminale a 5 anni di reclusione più le spese per il processo.

Dall'Arcidiocesi di Salerno, nel 1851, Castelluccio Cosentino passò alla neo Diocesi di Diano, poi Teggiano; oggi Teggiano-Policastro. Il 5 giugno 1851 furono consegnati, dall'Arcidiocesi di Salerno alla Diocesi di Diano, molti incartamenti.

Giuseppe Barra .